Cartoon School: il racconto
15 giugno 2015
Doversi ricredere non è mai troppo agevole.....ma in questo caso è stato emozionante.
All'inizio dell'inverno, mi hanno proposto di partecipare al progetto scolastico Cartoon Village; mi è stato detto che dei ragazzi, di soli 11 anni, avrebbero realizzato un cortometraggio, sono rimasta perplessa, quasi incredula. Ho intrapreso comunque l'avventura, curiosa di come la cosa potesse realmente realizzarsi.
Si è avverato l'impensabile: piano piano, non in modo eclatante, passo dopo passo il progetto si è “animato”. Sono stati attivati contemporaneamente più laboratori: di scrittura, per la redazione della sceneggiatura, grafici, per la realizzazione dei personaggi, musicali, per la composizione della colonna sonora. Subito i ragazzi hanno seguito il loro talento: chi aveva una buona capacità nel disegno si è prodigato nella realizzazione delle immagini, chi suonava uno strumento si è dilettato nella creazione della colonna sonora ecc...tutti insieme hanno collaborato attivamente all'individuazione del “soggetto” da trattare: forse, questo, il momento più emozionante.
Le idee sono nate spontaneamente e con facilità....non solo, si sono da subito moltiplicate, l'una ha tratto stimolo dall'altra per formare una rosa di temi possibili. Non un solo “soggetto” ha prevalso, ma è stato rubato il meglio da ogni ipotesi e creato un divertente mosaico, le cui tessere, giustapposte con meticolosità, hanno dato origine ad una proposta fresca, frizzante e originale.
Quest'anno abbiamo portato sul video un salvataggio, ma non un normale salvataggio, un'avventura i cui protagonisti sono dei frutti. L'azione si svolge in un negozio di frutta e verdura, dove i frutti esposti prendono ad “animarsi”. Tra loro viene inserito un frutto tropicale, una papaya, uno “straniero” che tenta, senza troppi indugi, di stringere amicizia con gli altri. Purtroppo tutti sono ostili al nuovo arrivato che si vede allontanato. D'improvviso la papaya cade a terra e, dopo un veloce dibattito sul da farsi, i frutti decidono di portarle aiuto. Il lieto fine va a coronare una vicenda che sembrava mettersi male. Abbiamo voluto premiare la semplicità, volendo privilegiare la brevità e l'immediatezza del racconto; immediatezza e brevità che si riscontrano già nelle favole di Esopo. Non sappiamo se siamo riusciti nell'intento, non sappiamo se la meta è stata perfettamente raggiunta, ma siamo sicuri di aver intrapreso un viaggio entusiasmante corroborato dalla volontà di raggiungere lo scopo.
È stato sorprendente vedere come anche chi aveva affrontato i temi in classe con qualche difficoltà, lì, in quella nuova avventura, riuscisse a proporre idee originali ed entusiasmanti. Si mettesse in gioco nella redazione di testi, senza porsi remore inibitorie. Questo per vari motivi: in primo luogo perché il lavoro di gruppo stimola e alimenta una sorta di emulazione che induce tutti, ma proprio tutti, a partecipare. In secondo luogo perché il magico mondo dei cartoni animati sa risvegliare in ognuno lati apparentemente sopiti. Ed è proprio questo che è avvenuto: una sorta di magia, tutti si sono attivati dando il via ad un motore prodigioso, quello dell'animazione, che, ai profani, può sembrare leggero, ma solo in apparenza; implica, piuttosto, abilità che si accordano con le risorse che l'adolescente, spesso, nasconde timidamente.
Disegnare un cartone implica una disciplina rigorosa. Mirko, Franco e Laura ci hanno trasmesso proprio questo, ci hanno introdotto nel bel mondo della fantasia e lo hanno fatto, non in modo casuale e approssimativo, ma preciso, metodico ed artistico! Per questo motivo nei momenti in cui ci fermavamo a guardare i nostri ragazzi scrivere, disegnare, suonare non ci sorprendeva il fatto che lavorassero con serietà, ma che lo facessero con il sorriso sulle labbra, con la leggerezza del gioco. Bello. Bello da vedere e da condividere. Quasi che la consapevolezza dello scrivere scorresse in secondo piano rispetto al piacere di vedere realizzate le proprie fantasie. Gli alunni stavano lavorando ad un progetto complesso senza percepire pesantezza e fatica. Ottimo risultato, anche perché il tema proposto quest'anno da AVIS non era proprio semplicissimo: la donazione. L'argomento poteva risultare arduo, poteva inibire la mente o lasciarla indifferente; invece, come ho detto, gli spunti sono stati numerosi.
La scrittura non è stato l'unico impegno; i disegni realizzati, bellissimi, erano fuori dal comune, ad avere bocca ed occhi erano pere, mele, ananas ecc...
Lo stesso Citando Francesco Santioli, difronte ad una bambina che spiegava di aver dato la propria voce ad una mela, ha commentato: “Deve essere una bella soddisfazione far parlare una mela e una pera...e quando ti ricapita?”. I protagonisti del corto sono stati: mele altolocate, pere di poca personalità, mandarini con la cultura della strada, arance con la lisca e la papaya, l'intruso, di lingua spagnola.
Oltre alle immagini, è stato dato spazio ai suoni. I ragazzi hanno costituito un coloratissimo gruppo di rumoristi; questi si sono divertiti ad inventare i rumori più disparati; più o meno reali, ma atti a porre l'accento su gesti, azioni o cose che in realtà non l'avrebbero. In classe sono state portate le scarpe col tacco della mamma, pentole, coperchi da cucina e vecchi xilofoni, tutto per arricchire le immagini con accenti sonori particolari.
Infine, dulcis in fundo, la piccola orchestra. I musicisti si sono cimentati nella realizzazione ed esecuzione della colonna sonora. Impegnati, concentrati a seguire le indicazione di chi li dirigeva. Tanto si sono impegnati e tanto hanno imparato; perché una cosa è suonare come passatempo, tutt'altra cosa è suonare insieme agli altri, dovendo seguire le mani severe del direttore che si muovono in modo deciso e significante. Per non parlare delle prove per la registrazione, tentativi su tentativi per rispettare il tempo. Al termine tutti erano provati, ma soddisfatti. È questa l'immagine conclusiva che vorrei offrire: giovani ragazzi che hanno scritto, disegnato, suonato, doppiato e dopo tante prove erano sì stanchi, ma di quella stanchezza buona, quella che si prova al termine di una partita dove si è profusa energia vitale, necessaria per dare voce alla propria voglia di partecipare. Lo stesso vale per gli insegnanti.
Non c'è da aggiungere altro, il sipario si chiude, scorrono i titoli di coda sul video e ognuno torna a casa con l'intima convinzione di aver fatto un buon lavoro.
Sefora Giovannetti