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Un donatore su mille scopre un infezione

Le analisi di routine mettono al riparo dai rischi

31 dicembre 2018

DONARE il sangue per scoprire se si è portatori di infezioni. Per un donatore su mille capita davvero di venire a conoscenza di avere qualche infezione grazie alle analisi delle sacche di sangue donato. Una notizia per il donatore ma anche una grande sicurezza per chi riceve il sangue. Le analisi di routine sul sangue donato mettono effettivamente al riparo dai rischi. I dati relativi al 2017, comunicati dal Centro nazionale sangue (Cns), riportano che quasi duemila donatori, l’uno per mille del totale, hanno scoperto di avere un infezione da virus di epatite B o C, Hiv o sifilide grazie alle analisi che si eseguono prima di donare il sangue.
 
• SICUREZZA DELLE TRASFUSIONI
Ci sono molti modi per garantire la sicurezza del sangue per le trasfusioni. La prima tra tutte è la donazione anonima e disinteressata. In questo modo, il donatore non dona per qualcuno in particolare, e non essendo prevista nessuna ricompensa, si evitano donazioni motivate da altro che non sia altruismo. Inoltre, prima di procedere al prelievo del sangue, tutti devono, ogni volta, compilare un questionario ideato per identificare eventuali comportamenti a rischio, malattie pregresse o terapie in corso. L’esito del questionario e di una visita con un medico esperto nella selezione dei soggetti idonei alla donazione del sangue, determinano la possibilità di donare davvero. Una volta raccolto, il sangue viene analizzato per valutare l’eventuale presenza di virus o batteri come il treponema, organismo causa della sifilide. A queste analisi standard, in particolari periodi dell’anno o sotto condizioni specifiche, possono essere aggiunti ulteriori controlli per la ricerca di virus stagionali come ad esempio il West Nile. Una donazione viene considerata utilizzabile solo nel caso in cui tutti gli esami risultino negativi.


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 • DONATORI POSITIVI AI VIRUS
Nel caso in cui qualcuna delle analisi risultasse positiva, il donatore viene immediatamente contattato per la comunicazione dell’infezione. Il virus che viene individuato più frequentemente è quello dell’epatite B, seguito dalla sifilide, Hiv e infine l’epatite C. Il numero di test positivi è sostanzialmente costante da almeno dieci anni. Circa l’un per mille del totale dei donatori hanno scoperto di avere una di queste infezioni grazie ai controlli così effettuati. Le analisi sono realmente efficaci, tanto che è possibile notare le stesse oscillazioni nell’incidenza delle infezioni che si osservano anche nella popolazione generale. Ad esempio con l’aumento dei donatori nati dopo il 1983, anno di introduzione del vaccino obbligatorio per l’epatite B, è diminuito il numero di positività per questo virus. Mentre sono aumentati quelli per la sifilide.

“Questi dati testimoniano l’efficacia del sistema di controllo, che è capace di ‘intercettare’ i potenziali donatori positivi. Lo dimostra anche il fatto che da oltre un decennio non ci sono infezioni di queste malattie trasmesse attraverso le trasfusioni. - spiega Giancarlo Liumbruno, Direttore Generale del Cns - Ci sono però alcuni aspetti che si possono migliorare nel controllo del sangue, soprattutto sotto il profilo dell’uniformità delle procedure usate nelle diverse regioni per la gestione dei risultati dei test e dei donatori positivi”.
 
• LE AZIONI DEL CENTRO NAZIONALE SANGUE
Il Centro continua a preoccuparsi di stabilire delle linee guida nazionali, condivise, per il monitoraggio delle infezioni sui donatori. L’obiettivo è quello uniformare la rete trasfusionale italiana e migliorarne ulteriormente la qualità e sicurezza a partire dalla selezione del donatore. Ulteriore questione da approfondire sono anche le modalità di gestione dei donatori risultati positivi ai virus, attraverso tutte le fasi della gestione, dalla comunicazione dell’esito al counseling, all’invio dal medico specialista.

da Repubblica.it

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