Per un approccio di genere alla donazione di sangue e plasma
Necessari percorsi di donazione che tengano conto delle esigenze di genere
10 marzo 2021
Le donne sono anche più della metà fra i giovani donatori di sangue, plasma e altri componenti, ma diventano meno di un terzo con il passare degli anni. I motivi di questa dispersione sono ancora poco noti, ma studiare il fenomeno e mettere in campo correttivi è quanto mai urgente e importante. All'approccio di genere alla medicina e alla donazione del sangue Avis Regionale Toscana ha voluto dedicare il 15° Forum Donne che si è svolto sabato 6 marzo. Titolo “Conversazione sulla medicina di genere” ed è andato online (in diretta sulla pagina Facebook di Avis Toscana e sul canale YouTube di Avis Nazionale) organizzato in collaborazione con Cesvot ed Avis Nazionale e inserito all’interno del programma degli eventi “Fil Rouge” per la Giornata Mondiale della Donazione.
"Il Forum Donne -ha detto in apertura il presidente di Avis Regionale Toscana Adelmo Agnolucci- è un appuntamento tradizionale per la nostra associazione e la medicina di genere mette in evidenza il ruolo della donna nel mondo della donazione. In Toscana sui 71.300 soci donatori Avis abbiamo oltre 26.500 donne che donano sangue, plasma e altri componenti e sono donne la maggioranza dei nuovi soci e dei giovani".
Al centro dell'evento la conversazione sulla medicina di genere condotta dalla consigliera di Avis Toscana Claudia Firenze a cui hanno partecipato Mojgan Azadegan (Responsabile del Centro Regionale per la medicina di genere dell Toscana), Franco Bambi (Responsabile SIMT del Meyer e consulente scientifico del Centro Regionale Sangue), Elisabetta Catelani (Docente di Diritto Costituzionale all'Università di Pisa).
Nel 2020 le donazioni in Toscana sono state 212.522 di cui 145.464 da popolazione maschile (68,46%) e 67.058 da femminile (31,55%). "E' un dato -ha commentato Bambi- non allineato a quelli di Paesi europei con sistemi trasfusionali simili all'Italia. La popolazione di donatori periodici in Italia si caratterizza per un forte sbilanciamento di genere, con una percentuale di donne che supera di poco il 30%. A livello nazionale mancano studi dettagliati sulle motivazioni alla base di questa differenza, Se andiamo a vedere gli aspiranti donatori e quelli alla prima donazione, i dati nelle prime fasce di età sono sovrapponibili e ci sono fra i 18 e i 25 anni più donne che si affacciano al sistema trasfusionale. Poi aumenta il dato maschile e cala quello femminile che ha difficoltà nell'avanzare degli anni a mantenere i livelli di donazione".
Il Responsabile SIMT del Meyer ha introdotto alcune riflessioni sulle azioni da mettere in campo per invertire questa rotta. "I punti -ha aggiunto Bambi- sono numerosi ed interconnessi. La spiegazione della parità di numeri che si perde nelle fasce più avanzate di età ha motivazioni prima di tutto sociologiche: la condizioni femminile è più difficile sia nel mercato del lavoro sia più in generale nella società. Sono questioni di cui tenere conto, ma come operatori dei servizi trasfusionali possiamo avere un approccio organizzativo migliore per facilitare l'accesso delle donne alla donazione. Possiamo avere orari maggiormente flessibili per le plasmaferesi che è il maggior contributo che molte donne possono dare, con possibilità di orari magari dopo la scuola, introducendo soluzioni come aree per accogliere e custodire i figli anche ai centri trasfusionali durante la donazione. Servono strutture più accoglienti e più risorse. E anche -ha concluso Bambi- una maggiore flessibilità nei volumi delle plasmaferesi che non danneggerebbero i prodotti, ma faciliterebbe alcune situazioni. E' positivo aver identificato un volume unico per tutti sulla plasmaferesi, ma si potrebbe anche rivedere questo tipo di approccio".
La dott.ssa Azadegan ha ricordato come la legge 3/2018 abbia dato delle direttive importanti sulla medicina di genere e nel 2019 sia nato un Piano nazionale che potenzia i programmi di salute e medicina di genere in tutte le regioni. "Stiamo lavorando molto -ha detto- dal punto di vista della formazione, dell'informazione e nei percorsi di prevenzione, diagnosi e di cura. Nel contesto dell'epidemia abbiamo imparato che siamo delle persone e che il nostro lavoro va tutelato come operatori sanitari e sappiamo che la maggioranza sono donne".
"Dal punto di vista della letteratura giuridica -ha aggiunto dal canto suo la prof.ssa Catelani- la produzione è molto scarsa, mentre da quello fattuale la Regione Toscana è molto avanti nell'affrontare le tematiche di genere". Catelani ha ripercorso i principi costituzionali che parlano di uguaglianza sostanziale, ricordando come la legislazione possa aiutare e favorire la Medicina di genere, anche se sul tema la Legge Delega approvata nella scorsa legislatura non ha avuto un decreto legislativo attuativo, ma si è sviluppata solo in un Piano nazionale meno efficace. "Serve incrementare l'approccio alla medicina di genere per arrivare a trattare in modo diverso le situazioni".
Unn campo di lavoro su cui Avis anche a livello nazionale è pronta a lavorare. A concludere il Forum Donne di Avis Toscana è stato il presidente nazionale Gianpietro Briola. "Un percorso -ha detto Briola- che dobbiamo proseguire e per molti aspetti iniziare e farlo tutti insieme. Il numero delle donne giovani in Avis è elevato anche in termini di partecipazione, ancora un po' basso dal punto di vista dei dirigenti e anche questo è un tema su cui lavorare. Va fatta una riflessione anche sulle quantità di prelievo di plasma e sull'approccio alla donazione delle donne incide molto il tema della famiglia e della gravidanza. I maggiori impegni familiari e cura della famiglia fanno diventare la donazione un problema secondario perché c'è indisponibilità di tempo e di accesso alla donazione. Il nostro impegno sarà forte e dobbiamo trovare strade comuni per lavorare sulle programmazioni regionali laddove c'è più sensibilità".